“Non venite ad Amatrice per farvi i selfie sulle macerie, sennò mi incazzo”.

Dure le parole del sindaco di Amatrice.
In risposta su Wired è stato pubblicato un articolo che appella alla libertà d’espressione.

Si parte dagli autoritratti dei grandi artisti, i soli, si spiega, che un tempo avevano gli strumenti per rappresentare se stessi. Ecco, forse qualcuno ha mai pensato che l’espressione seria di Van Gogh, che mostra il suo volto con l’orecchio amputato, sia stato un messaggio puramente edonistico e allegro? Non credo. Si prosegue con Rembrandt, Picasso, Munch, Courbet, Schiele e Kahlo. E poi, Francis Bacon, Jean-Michel Basquiat e Tracey Emin.

(Wired, 18.04.2017)

L’esempio Yolocaust tra arte e libertà d’espressione

L’artista Shahak Shapira, stanco di vedere selfie scattati a Berlino nel Memoriale dell’Olocausto, ha creato delle animazioni su Yolocaust.de utilizzando fotomontaggi che invece dei monumenti, raffigurano le vittime dell’Olocausto.

Nell’autoscatto alias selfie, lo sfondo dell’immagine è interscambiabile: mare, montagne o città – il vero protagonista del selfie non è il luogo, ma lo è la persona. Come per dire: “guardami, sono qui!”

Alcuni poi diffondono quest’ immagine su Instagram con tanto di Hashtag #photooftheday, #followme o #likesforlikes

Likes e visibilità a tutti i costi?

Dov’è il pudore quando i turisti si scattano un selfie ad Amatrice, davanti alla Costa Concordia o al Memoriale dell’Olocausto?

“Il punto è forse proprio la vecchia regola, sempre valida, per cui ai ‘vecchi’ le cose nuove non piacciono, non perché non possano essere belle (o utili o positive) ma solo perché la nostalgia della loro giovinezza non le include” leggo nello stesso articolo su Wired.

Trovo che non sia una questione di rifiuto delle generazioni vecchie per le cose nuove, ma semplicemente una questione di rispetto nei confronti delle vittime e dei loro famigliari. Ed il rispetto non ha età.

E (ri)torna il pudore…

Il sito di Yolocaust nell’arco di una settimana è stato visitato da 2.5 milioni di persone in tutto il mondo, l’artista é stato contattato dalla stampa e da molti esperti di storia e olocausto.

La notizia non poteva passare inosservato agli ingenui protagonisti dei selfie. Riconoscendosi nelle animazioni provocatorie, hanno reso pubbliche le loro scuse rivolgendosi direttamente all’artista, cancellando poi i selfie dai loro canali e chiedendogli di rimuovere le immagini dal sito:

L’ importante messaggio lanciato dall’artista è arrivato a destinazione, anche tra coloro che hanno scattato i selfie a Berlino. Nel gennaio 2017 le immagini sono state rimosse dal sito di Yolocaust perchè lo scopo del progetto é stato raggiunto.